Il passaggio di personale da un amministrazione ad un’altra (anche con riferimento al personale delle ASL) è argomento di grande attualità. Tra i vari istituti giuridici che consentono il passaggio da una amministrazione all’altra, in questo articolo tratteremo quelli della mobilità volontaria, per interscambio e per comando.
Per quanto riguarda gli istituti della mobilità volontaria e del comando, la normativa di riferimento è costituita dall’art. 30 del D. Lgs n. 165/2001 (c.d. Testo Unico del Pubblico Impiego) e dall’art. 56 del D.P.R. 3 del 1957 (il c.d. T.U. degli impiegati dello Stato).
La mobilità volontaria
La norma, nella sua attuale formulazione, prevede che “Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti di cui all’articolo 2, comma 2, appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell’amministrazione di appartenenza.”
Questo tipo di mobilità, attivata a richiesta del lavoratore, vede il necessario coinvolgimento sia dell’azienda di appartenenza che di quella di destinazione.
La giurisprudenza, chiamata a dover inquadrare giuridicamente questo passaggio da una amministrazione ad un’altra ha stabilito che si tratta di una fattispecie riconducibile all’istituto civilistico della cessione del contratto disciplinata dagli artt. 1406 e ss. del codice civile.
Detto passaggio costituisce quindi una modificazione meramente soggettiva del rapporto di lavoro che da una amministrazione viene “ceduto” ad un’altra mantenendo però l’anzianità di servizio maturata, la qualifica e il trattamento economico del lavoratore.
Il comma 1 dell’art. 30 prevede inoltre che “Le amministrazioni, fissando preventivamente i requisiti e le competenze professionali richieste, pubblicano sul proprio sito istituzionale, per un periodo pari almeno a trenta giorni, un bando in cui sono indicati i posti che intendono ricoprire attraverso passaggio diretto di personale di altre amministrazioni, con indicazione dei requisiti da possedere”.
Ma cosa si deve intendere per “requisiti da possedere”?
In altri termini l’amministrazione che pubblica l’avviso di mobilità è libera di prevedere qualsiasi requisito oppure no?
Il quesito non è di facile risoluzione.
Sul punto si è espresso il Tribunale di Milano, Sez. Lavoro, con una recente sentenza del 22.02.2017 nella quale ha affermato che è facoltà della P.A. poter valutare il proprio subentro nel contratto non solo sulla base dei titoli, ma anche di un colloquio. Tale previsione, prosegue il Tribunale, non è espressamente vietata dalla legge e quindi si ritiene conforme sia alla natura stessa dell’istituto giuridico al quale la mobilità partecipa (cessione del contratto), sia ai principi che regolano l’azione amministrativa che debbono favorire il buon andamento. Obiettivo che, si ritiene, possa essere legittimamente perseguito attraverso la possibilità, per la P.A. che deve subentrare in un rapporto contrattuale di lavoro, di verificare che il soggetto che potrebbe diventare il suo prestatore d’opera, abbia tutti i requisiti per assolvere all’assegnando compito, requisiti che non sempre il mero conseguimento di titoli può esprimere o, comunque, consentire un’idonea valutazione.
Il principio espresso dal Tribunale di Milano appare condivisibile nella misura in cui l’amministrazione di destinazione deve poter stabilire attraverso la valutazione di titoli, o comunque tramite un colloquio, se la risorsa in entrata sia una risorsa idonea o meno al passaggio presso l’amministrazione ricevente, ciò anche nell’ottica del buon andamento dell’amministrazione stessa.
Altro problema rilevato nella prassi quotidiana è rappresentato da quelle situazioni nelle quali l’amministrazione di destinazione abbia già acconsentito al passaggio del lavoratore (che quindi è stato già ritenuto idoneo) e l’amministrazione di appartenenza abbia comunicato, a sua volta, il nulla osta al trasferimento.
Ebbene, sovente, in questi casi le amministrazioni non concordano sulla data in cui il trasferimento dovrebbe avvenire poiché, per esigenze di servizio, l’Azienda di destinazione tende a concedere una data molto ravvicinata e quella di appartenenza, viceversa, una data più lontana.
Sul punto si segnala una recentissima sentenza del Tribunale di Bologna sez. Lavoro (22.06.2018) con la quale il Giudice, in presenza di un assenso incondizionato dell’azienda di appartenenza, dando ragione al lavoratore ha disposto il trasferimento nonostante l’azienda di destinazione avesse dichiarato precedentemente la decadenza del lavoratore dal diritto di essere trasferito (poiché la data del trasferimento non era quella che essa aveva indicato come improrogabile).
Il Giudice, ritenendo che il provvedimento dichiarativo della decadenza non avesse alcun supporto normativo, disponeva il trasferimento indicando come data quella per la quale il lavoratore aveva manifestato la propria disponibilità.
Il comando
La definizione di Comando la troviamo nell’art. 56 del D.P.R. 3 del 1957 (il c.d. T.U. degli impiegati dello Stato), che recita: “l’impiegato di ruolo può essere comandato a prestare servizio presso altra Amministrazione…”.
Il comma 2 dell’art. 30 del D. Lgs 165/2001 prevede che “Nell’ambito dei rapporti di lavoro di cui all’articolo 2, comma 2, i dipendenti possono essere trasferiti all’interno della stessa amministrazione o, previo accordo tra le amministrazioni interessate, in altra amministrazione, in sedi collocate nel territorio dello stesso comune ovvero a distanza non superiore a cinquanta chilometri dalla sede cui sono adibiti.”
Un riferimento indiretto alla nozione di comando è contenuta anche nell’art. 70, comma 12, dello stesso Decreto Legislativo 165.
L’istituto del comando è generalmente finalizzato al perseguimento dell’interesse dell’amministrazione presso cui il dipendente comandato va a prestare servizio e che quindi rientra nei poteri di quest’ ultima di attivarsi ai fini della cessazione degli effetti di detto provvedimento, è vero altresì che il dipendente comandato presso altra amministrazione non acquisisce un nuovo rapporto di impiego né modifica quello originario restando sottoposto alla pregressa regolamentazione giuridica dell’ente di provenienza con l’unica variante della prestazione di fatto del servizio a favore di una amministrazione diversa, sostituendosi, quest’ ultima, solo nell’esercizio dei poteri di supremazia gerarchica. Pertanto unico soggetto legittimato ad intervenire su quel rapporto, ad esempio, con un provvedimento di revoca del comando, è l’ente rispetto al quale permane il rapporto di dipendenza organica, mentre il potere dell’ente che si è giovato dell’attività del personale comandato si concretizza solo nella possibilità di attivarsi perché vengano meno gli effetti dell’originario provvedimento (Consiglio Stato Sez. IV, 30 gennaio 2001, n. 322).
La posizione di distacco o di comandonon comporta una modificazione del rapporto d’impiego esistente con l’Amministrazione di provenienza per quanto riguarda la regolamentazione del trattamento economico e giuridico. Entrambi gli istituti incidono sul solo rapporto organico, essendo il dipendentepubblico chiamato a prestare temporaneamente servizio presso un’Amministrazione diversa da quella di provenienza. (Cons. Stato Sez. V Sent., 22/10/2007, n. 5492)
Mobilità per interscambio
E’ attualmente disciplinata dall’art. 7 del D.P.C.M. 05/08/1998 n. 325 secondo cui “E’ consentita in ogni momento, nell’ambito delle dotazioni organiche di cui all’art. 3, la mobilità dei singoli dipendenti presso la stessa od altre amministrazioni, anche di diverso comparto, nei casi di domanda congiunta di compensazione con altri dipendenti di corrispondente profilo professionale, previo nulla osta dell’amministrazione di provenienza e di quella di destinazione.”
Concludendo si può affermare che per l’istituto della mobilità volontaria, alla luce della normativa attualmente vigente, gioca un ruolo fondamentale il nulla osta dell’amministrazione di appartenenza, la quale potrà disporre il trasferimento ovviamente in accordo con l’amministrazione di destinazione. Il diritto del dipendente si caratterizza non come un pieno diritto da poter invocare davanti al Giudice ma piuttosto come un diritto “affievolito”, che può cioè essere negato da provvedimenti motivati e non irragionevoli della pubblica amministrazione.
La mobilità per interscambio è invece condizionata ad un previo nulla osta sia dell’amministrazione di appartenenza che di quella di destinazione, oltreché ovviamente all’accordo con l’altro lavoratore interessato allo scambio.
Nel comando la volontà del lavoratore è invece completamente assente, essendo un trasferimento temporaneo disposto nell’interesse dell’amministrazione di destinazione e comunque in casi eccezionali e di fronte a particolari esigenze che giustifichino il provvedimento.