La svolta storica
Il 22 dicembre 2017, dopo quasi 5 anni di discussioni e di polemiche, viene approvato definitivamente dal Senato della Repubblica (quasi a fine legislatura), con 148 voti favorevoli, 19 contrari e 5 astenuti, il Ddl Lorenzin, che è diventata norma dello Stati qualche mese dopo (Legge 3/2018).
La Ministra della Salute Beatrice Lorenzin si dichiara “veramente orgogliosa” con dichiarazioni importanti: “s’introducono fondamentali novità per tutto il settore e perché si aggiunge un nuovo tassello fondamentale al percorso di riforma del sistema. Affrontiamo dopo 70 anni la riforma degli Ordini professionali sanitari riconoscendo anche nuove professioni…”. A distanza di 17 anni dal primo Profilo Professionale dell’Operatore Socio Sanitario, arriva così un ulteriore riconoscimento,.
Ed è proprio in un’ottica di riforma e di integrazione atta a garantire lo stato di salute – ricordiamo essere per definizione dell’OMS “uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non solo l’assenza di malattia o infermità…” – che viene istituita l’Area delle Professioni Socio-Sanitarie, includendo in essa diversi attori del processo assistenziale, tra cui gli OSS.
L’Art. 5 della Legge 3/2018 cita:
Comma 1
“Al fine di rafforzare la tutela della salute, intesa come stato di benessere fisico, psichico e sociale, in applicazione dell’articolo 6 dell’intesa sancita il 10 luglio 2014, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sul nuovo Patto per la salute per gli anni 2014- 2016, è istituita l’area delle professioni sociosanitarie, secondo quanto previsto dall’articolo 3-octies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.”
Importanti novità sono introdotte nello specifico nel Comma 5, che cita:
“Sono compresi nell’area professionale di cui al presente articolo i preesistenti profili professionali di Operatore Socio Sanitario, assistente sociale, sociologo ed educatore professionale. Resta fermo che i predetti profili professionali afferiscono agli Ordini di rispettiva appartenenza, ove previsti.”
Come si evince dal testo, dopo poco oltre tre lustri (Profilo dell’OSS, ovvero Accordo Stato – Regioni del 22 febbraio 2001), l’Operatore Socio Sanitario viene collocato di fatto in area sanitaria. Viene abbandonato il ruolo puramente tecnico, che per troppo tempo è stato un “contenitore” non proprio dignitoso per una figura professionale così importante e sempre più necessariamente nell’assistenza nel pubblico e nel privato, negli ospedali e lungo il territorio.
Una evoluzione che per però resta appesa al chiodo. Infatti si attende uno specifico decreto del MIUR che avrà il compito di uniformare la formazione su tutto il territorio nazionale, attualmente relegata ad una dimensione regionale.
Anche alcune tra le Organizzazioni Sindacali maggiormente rappresentative si sono espresse in merito. Riportiamo le parole di Giuseppe Carbone, Segretario Generale della FIALS: “Per la questione del profilo professionale di operatore sociosanitario si può avviare a soluzione il suo incongruo attuale inquadramento nel ruolo tecnico; certamente se in questa nuova riconosciuta collocazione giuridica può trovare la corretta collaborazione e interazione con le professioni sanitarie e sociosanitarie, a mio parere, ministero della Salute e Regioni potrebbero avviare quel processo di perfezionamento contenuto già nello specifico tavolo ministeriale e mai attuato a iniziare dalla formazione, ribadendo sia la titolarietà delle sedi formative del Ssn che un’eguale formazione quanti-qualitativa a livello nazionale.”
Tante aspettative, non del tutto disattese, nel nuovo CCNL Comparto sanità firmato dalle Organizzazioni Sindacali maggiormente rappresentative il 21 maggio 2018 (ovvero CGIL, CISL, UIL, FIALS e FSI-USAE): l’articolo 86 (indennità per particolari condizioni di lavoro) al comma 9 riconosce agli Operatori Socio Sanitari le indennità che non percepivano ai sensi dell’ar.t 44 comma 6 del contratto 1995.
Disattesa, invece, la tanto decantata “verticalizzazione“, con passaggio da Categoria BS a Categoria C (così come richiesto dalla FIALS, in pratica aumenti di stipendio e riconoscimento sociale e professionale). Si pensava, ma in maniera errata, che si potesse ripetere ciò che è avvenuto per gli Infermieri nel 1999 con la Legge 42/99. All’epoca fu abolito il mansionario e gli Infermieri diventarono professionisti autonomi. Di conseguenza, essendo anche una professione intellettuale, passarono in Categoria D.
La Legge 3/2018 non è di fatto la fine di un percorso, ma solo l’inizio. Troppe questioni sono ancora da definire (Formazione unica nazionale, Requisiti di accesso al Corso per diventare Oss, Ecm, Nuovo profilo professionale, Mansionario, ecc.). Il lato positivo della vicenda è dato dal fatto che l’Operatore Socio Sanitario diventa co-protagonista dell’assistenza, entrando a far parte dell’equipe multidisciplinare, a pieno titolo e a tutti gli effetti.
Ci aspetta un futuro di sfide con un’unica parola chiave: integrazione. Ad essa va abbinata il necessario “balzo culturale” a cui è chiamata la nostra categoria. E quando vi è una evoluzione occorre prepararsi ad una formazione suppletiva, necessaria ed inevitabile.
Per tutti questi motivi FIALS sposa l’integrazione tra le professioni, OSS compresa, e non l’integralismo sostenendo le legittime aspettative di tutte quante.
Vedremo cosa accadrà, nel frattempo ci poniamo in attesa fiduciosa!