Il fare salute
Oggi uno dei problemi maggiori del “fare salute” è legato alla necessità di passare da modelli di sviluppo centrati sulla ricerca della qualità dei singoli servizi, a modelli di sviluppo centrati sulla ricerca della qualità nelle relazioni tra servizi. Ormai è chiaro che la prima esigenza è offrire servizi che si adattino ai percorsi di malattia dei pazienti ricercando l’eccellenza organizzativa nella coerenza e sintonia delle varie tappe terapeutiche, che un paziente affronta nel suo viaggio con la malattia.
Protagonista di questo scenario è in primis il professionista a cui non basta il proprio expertise tecnico, ma deve possedere anche competenze relazionali e organizzative che possano permettergli di agire con una progettualità che superi i confini dei propri ambulatori, oltre i confini della propria competenza tecnica per interfacciarsi al meglio con le altre professioni.
Il processo formativo si connota quindi, come l’insieme di azioni mirate a sviluppare il professionista come attore organizzativo consapevolee progettuale.
Consapevoledelle competenze che la sua azienda richiede, del gap fra ciò che gli è richiesto e ciò che mette effettivamente in campo come qualità e appropriatezza della sua azione professionale, cosciente di cosa deve apprendere, come deve apprendere e rispetto a quali finalità gli sono richiesti i suoi apprendimenti.
Progettuale nel senso che l’azione formativa deve rispondere agli obiettivi aziendali riconosciuti e validati dalla Direzione Generale, documentata per consentire una sua possibile condensazione degli apprendimenti nella cultura dell’azienda.
Diventa dunque necessario un cambiamento che passi da una formazione vissuta come evento ad una formazione intesa come sistema di gestione dei processi di apprendimento-cambiamento.
La professionalizzazione degli infermieri, come anche l’evoluzione del suo percorso formativo universitario, rappresenta un cambiamento strutturale non solo per il sistema sanitario Italiano, ma avrà necessariamente conseguenze importanti anche per la divisione del lavoro e l’organizzazione dei servizi dove i professionisti operano.
La professione infermieristica in Italia negli ultimi anni ha vissuto profondi cambiamenti nei curricula formativi ed è fortemente coinvolta nei processi di trasformazione organizzativa delle attività sanitarie (aree di degenza definite in base alla intensità o ai bisogni assistenziali, ecc.).
In Italia la regolamentazione dellaformazione infermieristicaavviene a partire dal 1925: infatti le prime Scuole vengono istituite con Rdl 15 agosto 1925, n. 1832 (Facoltàdellaistituzione delle Scuole-convitto professionali per infermiere e di Scuole specializzate di medicina, pubblica igiene ed assistenza sociale per assistenti sanitarie visitatrici). Per accedervi viene richiesta la licenza elementare, che però di fatto non è obbligatoria in mancanza di candidate che ne siano in possesso.
Nel 1934 le norme sulla formazione infermieristicavengono inserite nel Testo Unico delle leggi sanitarie.
L’Accordo di Strasburgo del 25 ottobre 1967 stabilisce i requisiti minimi di accesso per le Scuole infermieristiche e il monte-ore minimo di insegnamento da impartire, che è pari a 4600 ore.
Nel 1971 la legge 124 sopprime l’obbligo di internato e la denominazione Scuola-convitto viene sostituita con quella di “Scuola per infermieri professionali”. Inoltre viene consentito l’accesso agli uomini.
La legge 795 del 15 novembre 1973ratifica il dettato comunitario e il successivo Dpr 867 del 13 ottobre 1975 modifica gli ordinamenti didattici prevedendo un percorso formativo di tre anni, a cui si accede con una scolarità di 10 anni (biennio di scuola media superiore).
Con il Dpr 761 del 20 ottobre 1979, quando vengono definiti i profili professionali delle figure infermieristiche, per la prima volta si parla di “operatore professionale dirigente” e successivamente, con la normativa concorsuale del 1982, il diploma conseguito presso le Scuole universitarie dirette a fini speciali per dirigenti e docenti dell’assistenza infermieristicadiventa requisito obbligatorio per chi voglia partecipare ai concorsi per Direttore didattico e Capo dei servizi sanitari ausiliari.
La legge del 19 novembre 1990, n. 341, sulla riforma degli ordinamenti didattici universitari, istituisce, tra l’ altro, il “diploma universitario di primo livello in Scienze infermieristiche”. Secondo questa legge il nuovo titolo di studio “ha il fine di fornire agli studenti adeguata conoscenza di metodi e contenuti culturali e scientifici orientata al conseguimento del livello formativo richiesto da specifiche aree professionali”.
L’ ordinamento del corso di diploma universitario in Scienze infermieristiche è stabilito dalla tabella XXXIX ter, di cui al Dm 2 dicembre 1991. Tuttavia questo provvedimento, pur creando le premesse per un profondo rinnovamento, non interferisce con le tradizionali Scuole per infermieri professionali. Il corso di diploma universitario costituisce infatti un canale formativo parallelo a quello delle Scuole che operano in ambito regionale, rilasciando diplomi che conservano integro il loro valore abilitante ai fini dell’esercizio professionale. Il Dlgs 502 del 1992e successive modificazioni sancisce – dopo un breve periodo di transizione (“doppio binario”) – il definitivo passaggio alla formazione universitaria.
Il D.Lgs 502/92 prevede, di conseguenza, come requisito obbligatorio per l’ammissione il possesso del diploma di scuola secondaria superiore di secondo grado. Il titolo rilasciato al termine del corso è un “diploma universitario” a firma del Rettore dell’Università e del responsabile dellastruttura sede di formazione. Tra il 1994 e il 1998 le Regioni stipulano i protocolli d’intesa con le Università, che diventano così l’unico canale di accesso alla professioneinfermieristica.
Il D.M. del 24 luglio 1996 disegna il nuovo ordinamento didattico universitario e rivede ancora una volta la denominazione del titolo, che diventa “diploma universitario per infermiere”.
Un ulteriore intervento legislativo, il Dm 509/99, ridefinisce gli assetti del sistema universitario nel quale ormai si colloca a pieno titolo la formazione infermieristica.
Gli anni Novanta vedono cambiamenti importanti anche nelle normative che regolamentano l’esercizio professionale, che qui citiamo per la loro stretta connessione con la riforma dei percorsi formativi: i decreti sul profilo professionale dell’infermiere (DM 739/94) e dell’infermiere pediatrico (DM 70/97),la legge sull’abrogazione del mansionario (L.42/99), la legge 251/2000 sulladirigenza infermieristica.
Un primo concreto passo verso l’attivazione dellalaurea specialistica arriva con il decreto Murst del 2 aprile 2001, che definisce le competenze dei laureati specialisti, i quali devono possedere “una formazione professionale avanzata per intervenire con elevate competenze nei processi assistenziali, gestionali, formativi e di ricerca (…e) sono in grado di esprimere competenze avanzate di tipo assistenziale, organizzativo, gestionale, di ricerca in risposta ai problemi prioritari di salute dellapopolazione e ai problemi di qualità dei servizi”. Queste competenze sono in linea con l’evoluzione di quel processo di professionalizzazione che è stato più volte sostenuto da un’offerta formativa diversificata e coerente con la crescita del ruolo e delle funzioni infermieristiche. L’accesso a tale livello di formazione è consentito anche a coloro che sono in possesso del titolo abilitante all’esercizio professionale rilasciato in base al vecchio ordinamento, nonché dellamaturità quinquennale (Legge 1/2002).
Nel dicembre 2003, dopo l’approvazione da parte dellaConferenza Stato-Regioni dell’Accordo tra il ministero dellaSalute, le Regioni e le Province autonome sulla determinazione del fabbisogno delle professioni sanitarie, anche il Miur si pronuncia positivamente sull’attivazione delle Lauree specialistiche e ratifica la decisione. Il Consiglio universitario nazionale (CUN) costituisce quindi uno schema di ordinamento didattico per le singole classi specialistiche al fine di assicurare la formazione di figure professionali uniformi sul territorio nazionale.
Ma bisogna aspettare il 2004 per la definizione delle modalità e dei contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea specialistica. Con decreto del 9 luglio 2004il Miur fissa le modalità e i contenuti delle prove di ammissione alla laurea specialistica delle professioni sanitarie e con i decreti del 27 luglio 2004e del 1 ottobre 2004definisce i posti per le relative immatricolazioni.
Il ministero dell’Università, recependo le indicazioni del ministero dellaSalute, per l’anno accademico 2004_2005, assegna alla classe SNT- SPE/1 (Scienze infermieristiche ed Ostetriche), 578 posti complessivi. (Gazzetta Ufficiale del 4 agosto 2004, n.181) e i corsi partono in 15 Università italiane.
Il contestuale DM 270/04,che riforma degli ordinamenti didattici universitari, non interviene comunque sui percorsi formativi delle classi che attengono alle professioni sanitarie “preordinati per l’accesso alle attività professionali”, ma ne modifica solo la denominazione da corso di laurea specialistica in “corso di laurea magistrale”.
La Legge 1 febbraio 2006, n. 46, Disposizioni in materia degli ordini e degli albi professionali e istituzione della funzione di coordinamento, fissa i relativi requisiti per l’esercizio della funzione (possesso del master di 1° livello in management ed esperienza triennale nel profilo di appartenenza).
E’ servito un lungo periodo per compiere le tappe storico-legislative attraverso le quali si è giunti alla formazione universitaria.
La riforma universitaria è stata dettata dalla necessità di equiparare e armonizzare il sistema italiano al modello europeo e ha trovato realizzazione soprattutto negli anni ’90. Le principali novità riguardano:
- l’attuazione del percorso del “3+2”, che ha strutturato i corsi di studi universitario su due livelli principali tra loro conseguenti e su altri percorsi formativi integrativi o collaterali; con tale strutturazione si dovrebbe realizzare l’uniformità dei titoli di studio conseguiti nei diversi stati dell’Unione Europea;
- l’istituzione delle classi di laurea per rendere omogenei i corsi di studio dello stesso livello e i relativi obiettivi e attività formative;
- l’introduzione del sistema dei crediti, in sintonia con il metodo di Trasferimento Europeo dei Crediti Accademici (European Credit Trasfer Sistem, ECTS).
Il passaggio dalla formazione universitaria è stato accompagnato, come è stato sopra descritto, anche da un profondo cambiamento delle norme che regolamentano l’esercizio professionale. Numerosi fattori e dettati normativi hanno dunque determinato il rinnovamento delle professioni sanitarie, che si sono distaccate dal precedente assetto formativo per transitare nel mondo accademico. Nel corso degli ultimi vent’anni, le evoluzioni normative e le innovazioni nei contesti formativi hanno contribuito a modificare sostanzialmente il ruolo professionale e hanno impresso una svolta decisiva alle professioni sanitarie quali discipline autonome in grado di contribuire a elevare il livello qualitativo dei servizi socio-sanitari.
L’attuale percorso formativo per diventare infermieri e per proseguire gli studi si sviluppa secondo le disposizioni contenute nel processo di riforma universitaria previsto dal D.M. 3 novembre 1999, n.509 e modificato poi dall’attuale D.M. 22 ottobre 2004, n. 270.
Tale percorso formativo si articola in più livelli:
Laurea in Infermieristica (L)ha l’obiettivo di assicurare allo studente un’adeguata padronanza di metodi e contenuti scientifici generali, nonché l’acquisizione di specifiche conoscenze professionali. Si accede al corso con il diploma di scuola media superiore di durata quinquennale, o con un altro titolo di studio conseguito all’estero, riconosciuto idoneo. Si ottiene la laurea con 3 anni di studio e dopo aver acquisito 180 crediti pari a 4500 ore tra lezioni, studio individuale, laboratori, stage, esercitazioni.
Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche (LM), ha l’obiettivo di fornire allo studente una formazione di livello avanzato per l’esercizio di attività di elevata qualificazione in ambiti specifici. Per essere ammessi a un corso di laurea magistrale occorre essere in possesso della laurea di primo livello. Si consegue con 2 anni di studio e dopo aver acquisito 120 crediti annui che andranno a sommarsi ai 180 ottenuti con la laurea, per un totale di 300 crediti complessivi.
Dottorato di ricerca (DR), rappresenta il livello di formazione più elevato nei corsi di studio universitari. Fornisce le competenze necessarie per esercitare, presso università, enti pubblici o soggetti privati, attività di ricerca e di alta qualificazione. Vi si accede con una laurea magistrale o un titolo straniero equiparabile. Il dottorato di ricerca prevede un corso di studi generalmente non inferiore ai tre anni, finalizzato all’approfondimento dell’indagine scientifica e della metodologia di ricerca nel proprio settore di competenza.
Diploma di specializzazione (DS), ha l’obiettivo di fornire allo studente conoscenze e abilità per funzioni richieste nell’esercizio di particolari attività professionali e può essere istituito esclusivamente in applicazione di specifiche norme di legge o di direttive dell’Unione Europea. Si accede con la laurea o altro titolo di studio conseguito all’estero, riconosciuto idoneo. Il numero di crediti e la durata dei corsi sono stabiliti da appositi decreti ministeriali.
Master universitari di primo e di secondo livello, sono corsi di perfezionamento scientifico e di alta formazione, della durata di 10-16 mesi, con un numero di crediti necessari per il conseguimento del titolo non inferiore a 60 e non superiore a 80.
- master universitari di I° livello (finalizzati al perfezionamento scientifico e di alta formazione) richiedono l’acquisizione di almeno 60 crediti formativi universitari.
- master universitari di II livello (finalizzati al perfezionamento scientifico e di alta formazione), della durata di un anno, che permettono di ottenere altri 60 crediti formativi.
- Corsi di alta formazione di aggiornamento permanente o ricorrente, che consentono di acquisire anche meno di 60 cfu;
Di seguito lo schema che descrive il percorso di studi che lo studente può intraprendere all’interno dell’Università e segue le linee del DM 270/2004 della Riforma Universitaria. Il percorso è articolato in tre cicli:
Laurea, Laurea Magistrale, Laurea Magistrale a ciclo unico, diploma di Specializzazione e Dottorato di Ricerca.
Sono previsti, inoltre, ulteriori possibilità di approfondimento trasversali ai tre cicli di studi: Master universitario di 1° livello, Master universitario di 2° livello e Corsi di Alta Formazione.
3° Ciclo |
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2° Ciclo |
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1° Ciclo |
Diploma di maturità |
Fonte: Mc Graw-Hill Quesiti di scienze infermieristiche, 2006
Il panorama dell’offerta didattica relativa ai corsi master per le professioni sanitarie è molto variegato. I corsi master rivolti alle figure infermieristiche, attivati finora dalle università italiane, si sono indirizzati agli ambiti di sanità pubblica, di pediatria, di salute mentale/psichiatria, di geriatria e area critica, settori di assistenza peraltro già individuati dal profilo professionale del 1994. Negli ultimi anni sono stati attivati master su altri ambiti innovativi quali: pedagogia sanitaria e tutorato clinico, assistenza transculturale-multietnica, bioetica, cure complementari e palliative, responsabilità legale e forence, E-medicine e altre ancora. In alcuni casi l’istituzione dei corsi non è promossa dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia ma da altre facoltà, specialmente per indirizzi non strettamente clinico-assistenziali.
In particolare, i master in management infermieristico (riservato ai soli infermieri) o in management sanitario (esteso alle altre professioni sanitarie) hanno avuto una certa diffusione. La chiusura dei corsi per l’abilitazione a funzioni direttive, avvenuta negli anni ’90, ha prodotto una crescente domanda di figure di coordinamento nell’ambito delle strutture del servizio sanitario che hanno favorito questa tipologia di corso. Le università, nell’istituzione dei corsi master, hanno un’autonomia molto ampia, non essendo ancora previsti a livello nazionale vincoli sulla programmazione dei posti, sulla tipologia e sulle caratteristiche formative degli stessi. Tale situazione determina un’offerta didattica dei corsi master molto dinamica e flessibile.