Il Burnout è uno dei fenomeni più discussi, ma meno conosciuti, nell’ambito delle Professioni del Comparto Sanità. In questo servizio proveremo a conoscere il problema più nel profondo e a capire perché è necessario intervenire quando ci rendiamo conto che siamo “fumati” o che un nostro collega lo è. Dirigenti, Infermieri, Oss, Professionisti Sanitari, ma anche Medici, Veterinari, Tecnici e Amministrativi non ne sono immuni.
Bruciato. Scoppiato. Esaurito. Sono queste le manifestazioni di disagio rilevate tra i lavoratori impegnati nelle cosiddette professioni di aiuto, specialmente nell’area socio-sanitaria.
Un fenomeno che colpisce chi vive nel sociale e in sanità
Per comprendere le origini di questo fenomeno bisogna fare un passo indietro quando negli anni ’70 lo psicologo statunitense di orifine tedesca Herbert Freudenberger richiamò l’attenzione su una delle manifestazioni dello stress lavorativo introducendo appunto il termine di “Burnout”.
Studi scientifici confermano che le categorie a rischio sono proprio i professionisti del sociale e della salute: infermieri, operatori socio sanitari, assistenti sociali, insegnanti, educatori.
Il Burnout lavorativo non corrisponde tanto ad un effettivo aumento di attività lavorative o del tempo dedicato, quanto più a un vissuto delle stesse come troppo difficili o gravose.
Gli effetti del Burnout non si ripercuotono solo a livello personale ma tendono a propagarsi in maniera altalenante da un membro dell’equipe all’altro e dall’equipe ai pazienti, coinvolgendo quindi l’intera organizzazione dei servizi oltre che l’individualità.
Come si manifesta il Burnout?
Si può manifestare con:
- un deterioramento progressivo dell’impegno nei confronti del lavoro. Un lavoro inizialmente importante, ricco di prospettive ed affascinante diventa sgradevole, insoddisfacente e demotivante.
- un deterioramento delle emozioni. Sentimenti positivi come per esempio l’entusiasmo, motivazione e il piacere svaniscono per far spazio ala rabbia, ansia, depressione.
- un problema di adattamento tra le persone e il lavoro. I singoli individui percepiscono questo squilibrio come una crisi personale, mentre in realtà è il posto di lavoro a presentare problemi.
Ma quali sono le cause di questo fenomeno?
Possono essere diverse, alcune volte derivano da aspetti connaturati nel professionista stesso, nella sua psicologia e nelle esperienze vissute. Possono svilupparsi troppe aspettative riguardo il proprio lavoro o il rapporto con l’utenza finale e non esssere soddisfatte di come vengono gestite. Oppure frutto di esperienze passate negative (giudizi familiari o anche di colleghi precedenti) che influiscono sulla prestazione attuale di lavoro e che non permettono di vivere con adeguatezza il loto ruolo.
A questi fattori si affiancano anche diversi fattori contingenti l’ambiente di lavoro, come ad esempio avere un gruppo di lavoro non cooperativo piuttosto che vivere in un’organizzazione delle attività poco strutturata (ruoli poco definiti o scarse possibilità di avanzamento di carriera).
Quali sono i sintomi che ci possono far allarmare?
I sintomi di questa patologia, possono manifestarsi in vario modo sia in maniera aspecifica, con sintomi come l’irrequietezza o nervosismo, ad aspetti che colpiscono il proprio organismo, come cefalee, nausea e tachicardia. Nei casi più comuni va ad influire aspetti più profondi che vanno ad influenzare la psicologia della persona e i suoi comportamenti sul lavoro.
Si possono vivere sentimenti di bassa stima di sé, senso di colpa, sensazione di fallimento, rabbia e risentimento, negativismo, isolamento, sospetto, rigidità di pensiero, difficoltà relazionali. Il lavoratore tende a sfuggire dall’organizzazione nel quale è inserito e le sue responsabilità, lavorando con sempre meno entusiasmo e provando quel soffocante senso di frustrazione.
Su questa situazione non viene curata può degenerare e la persona potrebbe iniziare a compensare le sue insoddisfazioni aumentando l’uso di sostanze psicoattive come l’alcool, psicofarmaci ecc.
Come arginare il fenomeno?
Per arginare questo fenomeno è necessario prendersi un periodo di pausa e di ascolto rivolto a se stessi. La presa di consapevolezza è senza ombra di dubbio il punto di partenza per combattere questo fenomeno.
Una vacanza spesso procura quello spazio psichico libero che consente di vedersi dall’esterno e di consapevolizzare i legami del lavoro con la propria vita.
Iniziare anche a vivere l’organizzazione con un approccio diverso, evitando di mettersi nella condizione della vittima, di subire e iniziando a rendersi più scaltri a rispondere al contesto.
Infine, è anche compito della struttura organizzativa di venire incontro e salvaguardare i propri dipendenti con la fomazione o piuttosto promuovendo gli sportelli di ascolto, in cui i dipendenti possono esprimere i loro disagi e cercare soluzioni. Si può intervenire sul gruppo di lavoro, ridefinendo gli obiettivi e condividendoli o anche migliorando la comunicazione all’interno della struttura lavorativa o nella maniera più semplice intervendendo sul clima organizzativo, proponendo eventi più conviviali e destrutturati di gruppo al fine di promuovere una conoscenza reciproca più approndita che possa distendere gli animi e la percezione dei propri dipendenti.
Per ulteriori approfondimenti sul Burnout: LINK.